Un’Atlantide con giardino

A pochi passi da Pisa il Mumu di Lorenzo Garzella è un’isola multimediale programmaticamente votata al dialogo e alla valorizzazione del territorio

Mumu è il nome di un continente perduto. È il luogo in cui nacque e crebbe una civiltà progredita e multiculturale; un territorio ricco di vegetazione, fiumi, laghi e grandi animali. Miti vogliono che tanto tanto tempo fa nell’oceano Pacifico sorgesse questo continente unico, formato dall’arcipelago hawaiano, l’isola di Pasqua e da molte altre isole vicine. Tanto tanto tempo fa a Mumu comparvero i primi uomini e lì fondarono la civiltà madre. Leggende, documenti, iscrizioni e simboli scoperti ai quattro angoli del pianeta parlano di questa antica, mitica terra, cantata nei secoli fino ad oggi, in roman zi, racconti, fumetti, film, canzoni. Mumu nel 2023 a San Martino Ulmiano (meno di cinque chilometri da Pisa) è un continente inventato; uno spazio multimediale inaugurato un paio di mesi fa. Vuole essere in linea con quella polifonica e polimorfa terra del mito, una scatola magica, una casa dai mille colori, pronta a ospitare racconti, filmati, opere d’arte, performance teatrali; a diventare set foto/cinematografico, residenza per artisti, luogo di formazione. Vuole essere anche e soprattutto luogo di un’identità ritrovata, spazio di ricordi condivisi e tesorizzati del territorio e dei cittadini che lo abitano e lo hanno abitato. Mumu nasce per essere la casa dell’Acquario della Memoria, associazione pisana guidata da Lorenzo Garzella, regista e documentarista che negli anni ha fatto del racconto multimediale del territorio una delle sue mission primarie, riuscendo a coinvolgere tantissimi cittadini nelle sue plurime e originali iniziative: dalla cine-bicicletta al videomapping, fino ai tour di walking cinema sulle mura della città.

Mumu è nato perché non c’era niente che gli assomigliasse.

Invece di cercare il riconoscimento del tanto lavoro fatto nella richiesta di affido di uno dei tanti spazi presenti in città ed inutilizzati, Lorenzo Garzella ha deciso di fare da solo; ha investito tutti i suoi risparmi e l’eredità avuta dal padre in questo sogno da condividere con la comunità, sia in maniera

immediatamente propositiva (un cartellone di iniziative che spaziano dalle mostre al ballo, alle performance teatrali), che nel suo essere disponibile per iniziative estemporanee dei singoli (lo si può anche affittare). Un luogo di incontro fisiologicamente pensato per la convivialità. Sì perché quando si usa “casa” per definire Mumu, non lo si fa usando il termine in un’accezione virgolettata, ma in senso quasi letterale: quando si entra in Mumu sul lato sinistro ci accoglie una cucina con tanto di dispensa, frigorifero, forno, microonde, e al piano di sopra c’è una camera per gli ospiti con bagno.

Una concezione di spazio multimediale così nella zona di Pisa non c’era; forse al suo inizio il MixArt di via Bovio poteva andare in una direzione analoga, ma poi è andata com’è andata… Cosciente della fragilità dei luoghi dediti alla cultura, Garzella ha chiaro quanto la progettazione debba includere immediatamente il pensiero della sopravvivenza, forse anche perché il capitale è prevalentemente il suo. Non sarà un posto con cui fare i soldi, ma dove proteggere il lavoro e i lavoratori che sono determinanti per la sua continuità. In questo è facilitato da anni di lavoro nel settore cinematografico e documentaristico (la gestione della sua casa di produzione Nanof l’ha impratichito non poco nella ricerca di fondi) e da un collettivo, totalmente al femminile, con cui condivide quest’ultima impresa: Serena Tonelli, Veronica Cardelli, Sofia Davila e Giulia Solano.

Centomila euro per l’acquisto di un capannone in disfacimento, più del doppio il capitale aggiunto per portarlo a funzionamento, i soldi investiti. Un ecobonus che gli restituirà in dieci anni il 65% delle spese vive sostenute e un bando vinto di 50mila per l’imprenditoria femminile, i fondi in entrata. Il territorio si arricchisce così di un’iniziativa di notevole impatto politico nel senso più puro del termine. Un concetto di spazio condiviso che riceve e riceverà materiali della comunità, per la comunità, nella convinzione che il pensiero del futuro abbia bisogno di un posto dove dibattere, raccontare e conservare il proprio passato (da anni Garzella tesorizza filmini super8 che magari teniamo in soffitta e non sappiamo più neanche cosa contengono perché non abbiamo i mezzi per

guardarli). Un passato non semplicemente da celebrare quindi, ma da masticare, riassaporare assieme perché sia base di partenza identitaria per le prossime generazioni. L’inaugurazione di una casa come questa sviluppa e dà corpo a una preziosa sensibilità mostrata e ribadita in tanti anni di attività. In questo Mumu fa differenza e se ne dovrebbe tener conto, invece non è per niente così: «Una persona che compra una casa che casca a pezzi, ci infila tutti i suoi risparmi e ne fa una realtà con i cappotti termici, i pannelli solari, per fare pezzi di cultura locale e racconti condivisi col territorio, non ha nessuna facilitazione rispetto a usi più commerciali; tutta la macchina comunale, dai dirigenti ai funzionari, che magari sono gentilissimi e a parole ti dicono di apprezzare la tua iniziativa, non avendo strumenti che individuano la tua particolarità, finiscono ugualmente per massacrarti», ci racconta Garzella ridacchiando, e riferendoci di come uno scarico della cucina, a norma l’anno prima, non lo sia più nel 2023 bloccando così il permesso che permette di cucinare per i soci; ed è solo un esempio delle mille complicazioni che un luogo speciale come Mumu si trova ad affrontare. Nota positiva: Mumu allunga la città in direzione Lucca; ha in faccia i Monti Pisani e un grande giardino con piscina in grado di ospitare quasi 200 spettatori. «A me, tradizionalmente topo di città, occuparmi di questa cosa mi fa sentire un po’ un cowboy; devo occuparmi di cose pratiche, di riparazioni e gestione materiale dello spazio; una prospettiva a cui non sono assolutamente abituato…». Per il momento a Mumu ci si arriva solo con i mezzi privati e il posto non è sufficientemente segnalato. Lorenzo Garzella si è dimenticato di invitare le autorità all’inaugurazione e pur comprendendo la sua programmatica “slealtà dell’intellettuale” nei confronti della classe politica per paura di dipenderne, mi verrebbe da sperare che un’operazione profondamente politica e dialogante come la sua stabilisca un processo di comunicazione anche con chi è chiamato a gestire la comunità. È assolutamente raccomandabile che quest’Atlantide recuperata alla cultura resti un’isola, ma non troppo isolata.